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Il percorso e le osservazioni

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Raggiunta la rotabile dei Salsi si prende a sinistra e dopo un pittoresco percorso sul margine settentrionale di Valle Grassabò si giunge al rudere altomedioevale di Torre Caligo.
Da qui si diparte, sulla destra, una larga strada a fondo ghiaioso, che costeggiando la sponda del Canale Caligo si dirige a sud sud ovest, verso la Laguna.
Superata l'Agenzia Grassabò, modesto complesso di edifici collocato sulla sponda opposta, si affronta un primo tratto rettilineo che conduce in breve a due abitazioni rurali. Curiosa la denominazione delle stesse, situate sulle opposte sponde del Canale: i toponimi di Cà Alta e Cà Bassa, infatti, stanno a testimoniare i dislivelli naturali dei suoli che circondano lo stesso Caligo, un tempo superfici lagunari ed ora superfici agrarie di bonifica.
Da S. Maria di Piave si procede verso Caposile sino al ponte pedonale che, ai margini dell'abitato, scavalca il Sile-Piave Vecchia raggiungendo la rotabile comunale dei Salsi.
Dalla posizione sopraelevata del ponte la vista può spaziare lungo il corso del Fiume, particolarmente bello a valle dove appare fiancheggiato da un boschetto di salice bianco a capitozza e da cortine di alberi tra cui spiccano maestosi e colonnari pioppi italici.
All'orizzonte, oltre la fascia territoriale dei Salsi, si apre la Laguna delle valli, come sempre affascinante e misteriosa, mentre verso nord si estende la spoglia campagna di bonifica della tenuta De Zuliani-Doria.
Si prosegue ora lungo il corso d'acqua che diviene sinuoso e si percorre quella che in un passato lontano fu probabilmente la restera adibita al traino delle imbarcazioni.

Il paesaggio che si allarga sulla sinistra, verso la Sacca della Ceresera di Valle Dragojesolo è una piatta distesa di monocoltura, mentre sulla destra l'arginello periferico di Valle Grassabò, su cui si stagliano i profili tormentati del frangivento di olivo di Boemia, si avvicina sempre più alla polverosa rotabile, facendo intravvedere le splendide distese d'acqua dei laghi di valle.
Protagonista di questo tratto del percorso la cui solitaria monotonia appare interrotta soltanto dal volo degli aironi che si alzano dalle sponde del corso d'acqua, è comunque lo stesso Canale Caligo, in cui si specchia uno svettante filare di pioppi italici e il cui nome ricorda le impenetrabili nebbie degli inverni lagunari.
Il Caligo serpeggia pigro verso il proprio ineluttabile epilogo, mentre la fascia di terraferma solcata dal suo alveo si assottiglia sempre più insinuandosi tra le sconfinate distese acquatiche delle valli. Superata la stradina ombreggiata da tigli che a sinistra conduce al Casòn di Valle Dragojesolo (La Ghisa), la strada si insinua decisamente tra Valle Grassabò, a nord e Valle Fosse, a sud. Il tratto che segue è splendido.
La sensazione di un mondo profondamente diverso, governato da leggi proprie e regolato da ritmi vitali lontani da quelli dell'ambiente umanizzato, accompagna l'emozione suscitata da paesaggi di straordinaria bellezza. Nelle fredde e luminose albe invernali percorrere questo tratto rappresenta una delle esperienze più avvincenti che un naturalista o un semplice cultore delle bellezze naturali possa vivere.
Verso nord, oltre gli orizzonti estremi delle valli, si erge infatti la regale corona dolomitica dei Monti del Sole, mentre il cielo sopra la rotabile è percorso dal frullo degli stormi di anatre e di cormorani che lasciano i dormitori notturni per raggiungere i luoghi di pastura.

 

Giunti all'altezza del cancello di Valle Grassabò la strada compie una brusca curva orientandosi verso sud e percorrendo l'esile argine che divide la Valle di Lio Maggiore (a destra) dalla Valle Fosse (a sinistra). All'orizzonte, verso sud, si scorgono ora i profili dei condomini balneari del Lido di Jesolo, mentre campeggiano a breve distanza i tipici edifici dei casoni da pesca delle valli Fosse e Dragojesolo. Sulla destra, su una esigua fascia di barena prossima alla sponda sostano spesso nell'inverno le folaghe, mentre in primavera è facile scorgere il nido di qualche coppia di gabbiano reale, nascosto fra gli steli robusti dell'obbione. Giunti al bivio, in prossimità del cancello ovest di Valle Dragojesolo, si prende a destra costeggiando il lato meridionale di Valle Lio Maggiore, protetto da un fitto frangivento di tamerice. Si affronta quindi il tratto conclusivo del percorso in un ambiente che muta ulteriormente, arricchendo il fascino dei propri paesaggi con le note della storia e del lento dissolversi degli antichi segni dell'uomo.
Il vento umido, la salsedine, il sedimento fine che l'acqua trasporta e depone, i piccoli organismi che corrodono il legno e disgregano la pietra affondano qui, giorno per giorno, le vestigia della civiltà antica delle barche, dei commerci, dei frutteti e degli orti.
Avvicinandosi a Lio Maggiore lungo la stradina che segue l'argine del Canale Basegia, fiancheggiata da piccoli casoni di valle e poi dalle case degli ultimi ortolani, si percepisce tutto questo e si respira l'ineluttabile destino della memoria umile, destinata a scolorirsi e a disperdersi senza lasciare traccia alcuna.

Dopo aver superato una abitazione vegliata da un maestoso pioppo bianco e circondata da piante da frutto, si costeggia una cupa recinzione, con folte barriere vegetali che impediscono la vista verso destra e si osserva un grande tabellone che illustra la storia e il restauro della vicina chiesetta medioevale di S. Antonio, nonché di un vecchio magazzino orticolo, divenuto villino di vacanza.
Percorse poche decine di metri, tuttavia, si può osservare il piccolo edificio religioso ricostruito e sepolto nell'ombra di un boschetto di pino domestico, ma soprattutto circondato da un giardino improbabile per la natura del luogo. Salendo ora sull'argine alla sinistra è possibile spingere lo sguardo sugli specchi d'acqua della Valle Baseggia e sulla bella Valle Cavalllino che si apre verso sud, ricca di barene.
Si procede ora lungo la stradina rettilinea e si raggiunge in breve una seconda abitazione rurale, preceduta da appezzamenti di ortaggi a pieno campo e circondata da serre e da superfici a prato attrezzate per la sosta.
L'escursione termina poche decine di metri più avanti, presso un grande cancello che preclude l'accesso alla piccola valle da pesca di proprietà Zoggia.
Sulla sinistra, nell'ultimo tratto, si scorge ciò che rimane di un annoso frutteto di giuggiolo ed inoltre due grandi edifici rurali disabitati e vegliati da splendidi pioppi bianchi e una vetusta chiesetta nascosta nel verde spontaneo

Il testo e le foto riportate su questa pagina sono liberamente estratti, per gentile concessione dell'editore, dal libro 'Escursioni LAGUNA NORD VENEZIA', scritto da Michele Zanetti, della serie Itinerari Fuoriporta pubblicato dalla Casa Editrice CIERRE Edizioni, Via Ciro Ferrari 5, 37060 - Caselle di Sommacampagna (VR)
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