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Il genio di Tintoretto alla Scuola Grande di San Rocco

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Ci sono luoghi in cui devozione religiosa e arte si incontrano e danno vita a una sintesi che appare quasi miracolosa. San Rocco, a Venezia, è uno di questi luoghi. Un campo, tre edifici: la chiesa, la Scuola grande, la Scoletta: quasi una piccola città nella città.

 

È la cittadella dei confratelli di San Rocco, laici devoti al santo taumaturgo che si sono associati - come nelle altre grandi confraternite veneziane - per assistersi vicendevolmente e per prestare aiuto ai bisognosi: ma che hanno operato anche nella formazione e nella conservazione di un patrimonio artistico straordinario. Il rapido ingrandirsi della Confraternita ha infatti portato - dopo la costruzione della primitiva Scoletta - alla realizzazione della grande chiesa e di una nuova sede, la Scuola Grande, appunto, con il contributo di artisti noti e meno noti del Cinquecento veneziano. Ma una di queste personalità ha potuto lasciare un segno più incisivo. La vicenda della confraternita si è infatti incontrata con la vicenda umana e artistica di un protagonista del nostro Rinascimento: Jacopo Tintoretto, che in questi spazi ha trovato da un lato consonanze con la sua personale riflessione religiosa, divenendo egli stesso un confratello, e dall'altro l'occasione per espandere il suo talento di pittore in un complesso decorativo grandioso, come quello della Scuola Grande di San Rocco, impresa artistica che avrebbe richiesto più di vent'anni.

L'Adorazione dei pastori non è che una pagina del ricco racconto biblico che Tintoretto ha scandito sulle pareti e i soffitti della Scuola: ventisette tele nella sala dell'Albergo, ventuno dipinti e dieci grandi "teleri" nella sala superiore, otto "teleri" nella sala inferiore: episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento che si susseguono in un racconto di luce e colore che dà l'impressione di potersi espandere all'infinito: tanta è la gioia e quasi la facilità del raccontare. Un raccontare che va inteso come un continuo soffio di vita nuova - vita umana, cordiale e popolare - infusa dalla mano del Tintoretto nelle figure e negli episodi più cari alla tradizione cristiana: come se si manifestassero per la prima volta.
Per questo, camminare per le sale della Scuola è come camminare tra le pagine di un libro (anzi, del libro dei libri: la Bibbia) da sfogliare con lo sguardo: pagine ora più intime e contemplative, ora più concitate e drammatiche. E questa Adorazione è una singola pagina che compendia i caratteri di ricerca scenografica e luministica, di felicità narrativa e di attenzione alla quotidianità - della vita e dell'esperienza religiosa - che si riconoscono al ciclo pittorico nel suo complesso. L'evento della Natività illumina, senza travolgerlo, un contesto di quotidianità vivace e modesta, che il pittore illustra con la semplicità di chi ha familiarità con tutti gli aspetti della vita, e nello stesso tempo sente che quella luce dorata che erompe dal tetto sconnesso di un fienile - lo stesso oro dei fili di paglia su cui giacciono i personaggi - trasporta tutta la scena in una dimensione più ampia. La scena è articolata su due piani, ma quello superiore non è riservato unicamente ai protagonisti assoluti dell'evento, la Sacra Famiglia: altre due figure, due donne, sono ammesse a partecipare più da vicino a un mistero duplice: quello tutto umano della nascita di un bambino - che nella femminilità trova una condizione privilegiata di accesso - e quello divino della Rivelazione. Uno spazio interno e umanissimo appare quindi in comunicazione con lo spazio aperto.
Come San Rocco - una città nella città, si è detto - come Venezia: luoghi circoscritti e insieme porte spalancate su altri mondi.

Tappe dell'itinerario